Arte e Cultura a Catania
Benvenuto a Catania, una delle città più magnetiche della Sicilia, dove storia, cultura, arte e bellezze naturali si intrecciano in un’unica indimenticabile esperienza. Situata ai piedi dell’imponente Etna, il vulcano attivo più alto d’Europa, la metropoli offre panorami mozzafiato e atmosfere vivaci in grado di catturare il cuore di ogni visitatore. Con le sue spiagge assolate e i sentieri immersi nel verde,poi, è il paradiso ideale per gli amanti della natura.
Luoghi da immortalare
- Teatro Massimo Vincenzo Bellini - Via Giuseppe Perrotta N°12
- Palazzo Valle - Via Vittorio Emanuele II N°122
Itinerary
Il tuo itinerario inizia da uno dei più importanti edifici nobiliari della città, Palazzo Biscari, dimora storica della famiglia Paternò Castello e perfetto esempio di Barocco siciliano. Costruito tra la fine del XVII secolo e la metà del XVIII, sulle antiche mura cinquecentesche di Carlo V, la residenza dei Principi Biscari ha sulla facciata diversi elementi ornamentali simbolo di Abbondanza, Prosperità, Fertilità e Saggezza. All’interno, la Sala Verde e la Sala Rossa, sono ornate da affreschi, specchi e ritratti di famiglia mentre il Salone dell’Orchestra - in pieno stile rococò con influenze napoletane - vanta un magnificente soffitto decorato e ricco di stucchi, proprio come la sfarzosa scala interna.
Dirigiti ora verso la Chiesa di San Placido per ammirare la facciata in pietra bianca di Taormina e le alte lesene con capitelli corinzi. Nel 1409 la famiglia Platamone donò l’area all’ordine dei Benedettini, che vi costruì il monastero e l’annessa chiesa. L’edificio, eretto su un antico tempio pagano dedicato a Bacco, venne poi ricostruito dopo il devastante terremoto del 1693 su un progetto dell’architetto Stefano Ittar. Dal portone, circondato dalle statue di San Placido e San Benedetto e sovrastato nelle nicchie superiori da quelle delle sante Scolastica e Geltrude, si accede all’interno di quella che i catanesi chiamano a chiesa do cappeddu per via del decoro presente sul cancello esterno. Una navata unica dominata dal bianco degli stucchi e dalla foglia d’oro che generosa ricopre cornici, modanature e decorazioni barocche. Alle spalle troviamo ancora l’annesso monastero con il grande cortile classicheggiante, acquisito nel 1909 dal Comune e oggi sede del Palazzo della Cultura, in cui si tengono presentazioni ed eventi.
La tua prossima tappa è la Badia di Sant’Agata, un autentico gioiello tardo barocco. Eretta per la prima volta nel 1620, il convento venne edificato nuovamente tra il 1735 e il 1767 quando l’architetto Giovanni Battista Vaccarini si occupò della ricostruzione dell’edificio a seguito del sisma. La struttura a pianta centrale rimanda alle soluzioni architettoniche sperimentate dal Borromini a Roma. Per la facciata venne riutilizzato il portale seicentesco di Giovanni Maria Amato mentre per le finiture interne Nicolò Daniele, utilizò marmo bardiglio su marmo bianco di Carrara per il pavimento e marmo giallo di Castronovo per gli altari. Le statue in stucco marmorizzato sono invece opera di Giovan Battista Marino, Mario Biundo e Giovan Battista Amato e raffigurano nell’altare maggiore Sant’Agata con due putti mentre negli altri quattro Sant’Euplio, San Giuseppe, l’Immacolata Concezione e San Benedetto.
Proseguendo su Via Vittorio Emanuele II giungerai nella piazza principale della città che ospita tre dei monumenti più significativi del nostro itinerario: la Fontana dell’Elefante, il Palazzo dei Chierici e la Cattedrale Sant'Agata. Più volte distrutta e ricostruita, la cattedrale come anche il suo campanile sorge sul sito delle Terme Achilliane di epoca romana. La facciata, progettata da Giovanni Battista Vaccarini dopo il terremoto del 1693 è interamente realizzata in marmo bianco di Carrara mentre l’interno, con pianta a croce latina, è diviso in tre navate. L’abside, di impronta normanna, è circondata da una parete semicircolare sulla quale spiccano gli affreschi di Giovanni Battista Corradini e da un coro ligneo di fine XVI secolo. La navata sinistra ospita diverse cappelle con opere d'arte significative e decorazioni elaborate mentre in quella destra troverai l’imponente monumento funebre al compositore Vincenzo Bellini, il cui corpo nel 1896 venne traslato dal cimitero parigino di Père-Lachaise, e la sfarzosa cappella di Sant’Agata. Protetta da una cancellata in ferro battuto, opera del 1926 di Salvatore Sciuto Patti, la cappella custodisce il sacello, il retablo e 'a Cammaredda dove sono depositate le preziose reliquie: il busto e lo scrigno in argento.
Nel cuore di Piazza Duomo, troverai la Fontana dell’Elefante, simbolo indiscusso della città. La sua realizzazione a opera dell'architetto Vaccarini risale al 1735, anche se la storia de “u Liotru”, nome con il quale i catanesi chiamano l'elefante in pietra, affonda le sue radici in un passato lontano. Si narra, infatti, che nell'VIII secolo d.C Eliodoro l'avesse modellato nella lava e usato per attuare la sua vendetta. Il nobiluomo era, infatti, stato ostacolato nella carriera ecclesiastica e per questo aveva deciso di abbracciare le oscure pratiche della negromanzia. A placare la sua furia fu il vescovo di Catania, Leone II il Taumaturgo, che lo fece bruciare vivo nel forum Achelles, luogo in cui oggi sorge la Cattedrale. Osserva come dalla base in marmo bianco, al centro della vasca, zampillano vivaci getti d'acqua mentre fra le decorazioni spiccano le sculture dei fiumi Simeto e Amenano. Il contrasto, poi, tra il basalto scuro del mammifero e il granito bianco dell’obelisco egiziano, crea una bellissima armonia visiva. Inoltre, la direzione della proboscide, rivolta verso la Chiesa simboleggia ancora una volta il profondo legame tra spiritualità e storia.
A sinistra del Duomo si erge maestoso il palazzo del Seminario dei Chierici, elevata al ruolo di istituto ecclesiastico già sotto la dominazione spagnola. La sua storia come quella di molti altri edifici cittadini è legata tuttavia ad alterne vicende. Raso al suolo dal terremoto del 1693, venne ricostruito dall’architetto Alonzo Di Benedetto e ingrandito, nel 1757, da Francesco Battaglia. Il palazzo continuò per diversi secoli a mantenere la sua funzione finché nel secondo dopoguerra non venne acquisito dal Comune, che qui vi collocò alcuni dei suoi uffici prima di farlo diventare sede del Museo Diocesano. Collegato alla Cattedrale tramite un cavalcavia sopra la Porta Uzeda, la facciata esterna ha un bellissimo prospetto realizzato con inserti di bugnato in pietra bianca d’Ispica su un intonaco scuro di origine vulcanica mentre il portone centrale è riccamente adornato da foglie e fiori scolpiti nell’arenaria.
Di fronte a te adesso potrai apprezzare il palazzo degli Elefanti, attuale sede del Comune, che prende il nome dall’animale-simbolo della metropoli etnea, presente anche nei bassorilievi del secondo piano e al centro dello stemma cittadino. In epoca aragonese l’edificio fungeva da archivio ma dopo la ricostruzione post sismica cambiò indirizzo. La facciata, d'impronta barocca, presenta paraste arricchite alla base da bugne che proseguono piatte fino all'architrave della trabeazione mentre il portale è compreso tra colonne binate in granito che sorreggono il grande balcone centrale. Sull'importante architrave si stagliano, invece, le statue raffiguranti la Giustizia e la Fede e due targhe commemorative intitolate al Milite Ignoto. Nel cortile interno troverai le due carrozze settecentesche, usate nella processione in onore di Sant’Agata del 3 febbraio; il sontuoso scalone monumentale del XIX secolo di Stefano Ittar, contrassegnato da quattro candelabri in bronzo, e il grande dipinto di Giuseppe Sciuti, i cui quadri impreziosiscono le restanti aree del palazzo insieme alle opere di Emilio Greco e agli affreschi di Francesco Contrafatto.
Imbocca ora Via Vittorio Emanuele II e raggiungi in breve Via dei Crociferi, che con la magnificenza delle sue chiese rappresenta l’espressione più alta del Barocco etneo. A incorniciare la via, troverai un arco che collega la parte nuova alla parte antica del monastero benedettino di clausura femminile. Nonostante le difficoltà legate a motivi militari questo collegamento fu fortemente voluto dall’abbadessa Maristella Motta, disposta a tutto pur di ottenerlo. Leggenda vuole infatti che l’arco fosse stato costruito su progetto di Alonzo Di Benedetto in una sola notte dell'anno 1704; tuttavia, non è l'unica storia legata a questo angolo della città. Si racconta, infatti, che a quell'epoca - a mezzanotte - lungo la strada si potesse vedere il fantasma di un cavallo senza testa. Fu allora che un giovane, per dimostrare l'infondatezza del fatto, decise di recarsi lì per piantare, nella notte, un chiodo. All'improvviso, però, sentì che il suo mantello veniva tirato; si voltò, non vide nessuno e atterrito fu colto da un malore e morì. Il giorno seguente, all'alba, il suo cadavere venne ritrovato con il mantello impigliato sotto al chiodo che lui stesso aveva piantato. In realtà il ragazzo aveva ragione, la storia spettrale era una diceria diffusa dalla nobiltà settecentesca per vivere indisturbata i propri incontri clandestini. Sul lato sud l'arco è adornato da due stemmi episcopali e da un bassorilievo di San Benedetto, mentre nella parte nord puoi osservare l’epigrafe in latino che ne celebra la sua costruzione.
Prima di attraversare l’arco imbocca a destra via Teatro Greco, al civico 2 troverai l’ingresso per accedere alla struttura monastica che ancora oggi ospita l’ordine delle suore benedettine consacrate all’adorazione perpetua. Come prima cosa visiterai i resti di una domus romana, ammirando la stratificazione storico-culturale a cui la città è stata sottoposta nei secoli; dopodiché incontrerai il Parlatorio settecentesco, dove un tempo le suore potevano conversare con i loro familiari e divenuto celebre con la pellicola di Franco Zeffirelli, “Storia di una capinera”. Il pavimento trecentesco con disegni geometrici, in terracotta e pietra calcarea, è antecedente all’edificio probabilmente un tentativo di limitare gli sforzi economici durante la ricostruzione post sismica. La Scalinata degli angeli, con le sue statue di cherubini, apre sull’incantevole navata unica la cui volta affrescata da Giovanni Tuccari è un tripudio di colori e giochi prospettici che riproducono momenti della Vita del Santo. Come maestosa è la cantoria su due livelli in legno dorato, tutti elementi che hanno contribuito a rendere la rendere dal 2002 la Chiesa Patrimonio dell’Unesco. Uno dei momenti più suggestivi della Festa di Sant’Agata è il canto intonato dalle Clarisse per omaggiare la patrona la mattina del 6 febbraio, prima del rientro in Cattedrale del fercolo.
Proseguendo di pochi passi sempre sul lato sinistro di Via Crociferi troverai la Chiesa di San Francesco Borgia, i cui lavori iniziarono nel 1713 sotto la direzione dell’architetto Stefano Masuccio ed espressione del peso che l’Ordine dei Gesuiti ebbe in Sicilia tra il XVI e il XVII secolo. La facciata esterna è caratterizzata da un ampio scalone con una doppia rampa laterale e un prospetto in pietra bianca, opera dell’architetto Angelo Italia, con due ordini di colonne binate in marmo. Non appena sarai entrato potrai osservare le tre navate interne, dalle quali potrai scorgere numerose pale d’altare dipinte e tele di autori siciliani di quel periodo, il pulpito con un drappeggio in legno, la cappella di San Francesco Saverio rivestita in marmo e la cupola affrescata con temi legati all’ordine opera del pittore Olivio Sozzi. L'altare maggiore, poi, è realizzato in pietre dure e agate siciliane, con colonne in agata verde. Al centro potrai ammirare un dipinto della Madonna di Santa Maria Maggiore, copia di un'opera custodita nella Basilica di Roma. Un ulteriore immancabile tassello da aggiungere al tuo itinerario.
Accanto alla Chiesa di San Francesco Borgia troverai il Collegio dei Gesuiti, altro magnifico esempio di barocco etneo. Il settecentesco palazzo della Compagnia di Gesù, riconosciuto nel 2002 Patrimonio UNESCO, venne costruito in un lasso di tempo di circa quarant’anni dopo il terremoto del 1693 e impegnò capomastri e architetti molto in vista nella Catania del tempo, come Angelo Italia, Alonzo di Benedetto e Francesco Battaglia. Una scalinata centrale ti farà accedere all’interno dell’edificio dove potrai ammirare il pavimento del cortile a ciottoli bianchi e neri, sistemati a strisce, che va a riprendere lo stile di Francesco Borromini, le tre corti in successione lineare e il chiostro con loggiato, raro nei collegi gesuitici ma in questo caso attribuibile alla possibilità di utilizzare il sito della Chiesa della Santissima Ascensione e del primitivo collegio risparmiato dal sisma. Nei secoli l’edificio ha ospitato un’università, un collegio delle Arti, un Reale Ospizio di Beneficenza, un istituto statale d’arte e dopo i recenti lavori di restauro sarà destinato a diventare sede di una Biblioteca Regionale Universitaria.
Nell’ultimo tratto di Via dei Crociferi potrai ammirare la Chiesa di San Giuliano, eretta sui ruderi di un antico tempio pagano. I lavori di costruzione, affidati all'architetto Giuseppe Palazzotto, iniziarono nel 1741 per concludersi tredici anni più tardi. In seguito alla soppressione delle corporazioni religiose, il complesso monastico femminile posto sotto l’Ordine di San Benedetto passò alla gestione del Fondo degli Edifici di Culto del Ministero dell’Interno. Negli anni Venti del Novecento, poi, una parte della struttura venne concessa alla polizia urbana mentre nel 1928 la Chiesa divenne di pertinenza della Diocesi. Cinta da una cancellata in ferro battuto, l’edificio ha una facciata lineare e un impianto a croce greca con pianta a ottagono allungato e bracci absidali. Il pavimento in marmi policromi e l’altare maggiore, sormontato da un crocifisso ligneo del XIV secolo, e da quattro statue in marmo bianco sono opera di Giovan Battista Marino, i quattro altari portano la firma dell’architetto Antonino Battaglia mentre i due affreschi presenti, uno sull’altare l’altro sulla volta, sono stati realizzati da Giuseppe Rapisarda nel 1842. Olivio Sozzi firma invece la tela di San Benedetto, la Madonna delle Grazie e San Giuseppe. Le grate della cantoria, dove fu girata la celebre scena di “Storia di una capinera” di Zeffirelli, sono in legno mentre l’organo originale scomparve dopo la legge che sopprimeva gli ordini ecclesiastici.
Dopo aver attraversato Via Antonino di Sangiuliano, prosegui su Via Crociferi finchè alla tua sinistra non troverai la Chiesa di San Camillo de Lellis, costruita dopo il terremoto in un’area che ospitava già la chiesetta di Santa Maria della Dagala. Il cantiere fu avviato nel 1723 da Domenico Barbera e Vincenzo Caffarelli e in seguito proseguito da Francesco Battaglia. Per la facciata, concava, venne utilizzata la pietra bianca di Siracusa, impiegata anche nella realizzazione della statua di san Camillo, che la sovrasta. Il portone, su cui campeggia lo stemma dell’ordine dei Camillani, dà accesso alla navata ovale le cui pareti sono decorate con stucchi dorati. Al suo interno potrai anche apprezzare la bellezza del busto in argento del Santo e di una pala nella quale se ne raffigura l’estasi, entrambe opera di Antonino Pennisi.
Ad accoglierti all’ingresso del maestoso porticato di Villa Cerami, opera del Vaccarini, troverai una fontana a forma di conchiglia che riporta l’iscrizione latina “Pubblico, non a publico, hic publicus”, a sottolineare come l’opera fosse stata realizzata ad uso dei cittadini senza impiego di denaro pubblico. Si tratta solo di un assaggio del magnificente palazzo che stai per visitare, il cui nucleo monumentale venne costruito nel 1720 dopo che Domenico Rosso, III principe di Cerami lo acquistò dagli eredi di San Donato. Nel tempo la Villa ha subito sostanziali modifiche tanto che molti dei lavori di restauro realizzati da Stefano Bottari, si protrassero fino a metà Novecento. Il palazzo è dotato di un monumentale scalone concepito dal Vaccarini, di un pregevole rivestimento marmoreo del piano terra e di un portone che regge la parte centrale dell’elegante balconata al primo piano, realizzato a partire dal 1875 dall'architetto Sada. Dal 1957 la Villa divenne sede della Facoltà di Giurisprudenza che ancora oggi la ospita, con cinque piani di biblioteche e una maestosa Aula Magna, già cappella e salone delle feste in passato, rivestita in broccato
Ti basteranno pochi minuti per raggiungere piazza Dante dove potrai esplorare la bellezza della Chiesa di San Nicolò l’Arena immaginata come una piccola San Pietro siciliana ma con una facciata tra il barocco e neoclassicismo rimasta incompiuta in seguito alla confisca del governo unitario. Con i suoi 105 metri di lunghezza, 48 di larghezza e 66 di altezza fino alla cupola dell’Ittar, l’edificio è uno dei luoghi di culto più grandi della Sicilia. La sua costruzione è posteriore all’eruzione del 1669 in sostituzione a un antico tempio rinascimentale. Dalla pianta a croce latina, la Chiesa ripartita in tre navate e arricchita di materiali di pregio, come l’alabastro e il marmo, e da tele di celebri autori del barocco romano, accoglie oltre alla grande meridiana tracciata degli astronomi Wolfgang Sartorius von Waltershausen e Christian Peters anche un sacrario dove riposano le spoglie dei militari caduti durante la prima guerra mondiale. Il prezioso altare, la cantoria, il baldacchino e il coro ligneo, poi, vanno a incorniciare il magnificente organo di Donato Del Piano dotato di 2.378 canne, sei mantici e cinque tastiere.
Secondo complesso religioso più grande d'Europa, il Monastero dei Benedettini è un vero e proprio gioiello del tardo barocco siciliano. Fondato nel 1558 dai monaci cassinesi, distrutto e poi ricostruito, l’opera - che va a chiudere il nostro itinerario - porta con sé il valore di epoche diverse oltre il segno della colata lavica del 1669 e del terremoto del 1693, uno dei più devastanti della Sicilia orientale, che ne sconquassò la struttura. Dal 1702, con il coinvolgimento di molti architetti siciliani tra cui il Vaccarini al quale vennero affidata la realizzazione delle Cucine e del Refettorio, oltre alla Biblioteca, si avviò la sua ricostruzione: al Chiostro di Ponente si aggiunge quello di Levante con il giardino e il Caffeaos, la zona nord, la biblioteca, le cucine, l’ala del noviziato, i refettori, il coro di notte, i giardini pensili, l’Orto Botanico, la villa delle meraviglie e il giardino dei Novizi. Dopo gli interventi di ripristino e conservazione delle scuderie per la realizzazione delle aule didattiche e della progettazione dell’Auditorium, effettuati negli anni 80’ del Novecento dall’architetto Giancarlo De Carlo, l’edificio oggi è sede del Dipartimento di Scienze Umanistiche dell'Università di Catania.